1937 LA FOCACCIA DELL’ATLETA

Se siete atleti olimpici, maratonete, contadine o boscaioli, amatori professionisti o madri di svariati figli, allora è la ricetta giusta per la vostra colazione.

Se, come me, siete dei pigri cronici… meglio uno yogurt. Magro. Si, perchè anche smezzando le dosi riportate nella ricetta che trovate qui sotto, firmata dal capo cuoco del Re Amedeo Pettini, ci sono comunque 8 uova in una sola torta. Otto! Niente burro né olio, per fortuna, ma una dose sostanziosa di colesteroliche proteine, ottima per chi ama l’attività sportiva agonistica.

Uova, zucchero, farina d’orzo, pistacchi e cumino. Praticamente un pan di Spagna rinforzato. Buono sopratutto se lasciato riposare un po’,  in modo da smorzare il forte e penetrante odore di uova che t’agguanta quando la sforni e per lasciarsi sorprendere dall’acuto cumino e dal croccante pistacchio pestato quando la si addenta da fredda. Lo ammetto, l’uso della farina d’orzo mi ha incuriosita…

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Una focaccia che cela in sé due principi fondanti dell’epopea fascista (pensa te il valore simbolico del cibo fin dove arriva..) :

il vigore e la prestanza fisica e l’autarchia.

Nelle pagine de La cucina italiana di quegli anni, la propaganda fascista era presente e vigile: consigli di economia domestica spinta (come l’articolo dedicato all’allevamento di galline e conigli anche nelle case di città), ricette autarchiche, copertine con il duce o per il duce.

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Quindi non devono stupire le ricette come questa della Focaccia dell’atleta, che nelle intenzioni del suo creatore avrebbe donato forza erculea ed energia vigorosa, per esempio, ai ragazzi della Gioventù Italiana del Littorio, l’associazione sportiva fondata proprio nel mese di ottobre di quel lontano 1937 e che potete vedere in questo video dell’Istituto Luce durante un saggio ginnico-militare davanti al Duce e al Primo ministro iugoslavo Stojadinovich presso il Foro Mussolini a Roma.

Ma lo sapevate che nel ’37 Mussolini abolì il capodanno? Che fantasia, ragazzi! Era anche l’anno in cui fu abolito il Lei e sostituito con il Voi, l’anno in cui la stretta di mano era considerata poco virile ed igienica.

Il pane costava 1,60 lire al chilo e lo zucchero 6, 4 centesimi per 1 uovo, 60 lire il primo elettrodomestico: il ferro da stiro. Un bracciante agricolo prendeva 180 lire al mese e 1000 lire (quelle famose mille lire al mese..) un dirigente d’industria (altri dati qui).

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Tornando alla Focaccia, è una delle ricette scritte da Amedeo Pettini nella rubrica Le cronache della cucina per questo servizio intitolato “Una ricchezza agricola dimenticata“, dedicato ai pistacchi e ai suoi produttori, che evidentemente vivevano un periodo di crisi profonda,  come scrive lo stesso Pettini:

Non è la sola – dopo che la grande crisi si è abbattuta sui continenti – delle nostre produzioni agricole che ha subìto l’ostracismo da parte dei consumatori d’ogni paese, ma è certamente la più nobile: quella del pistacchio. La Sicilia -produttrice fra le maggiori della terra- ne vede ogni giorno che passa diminuire la richiesta. L’autarchia, prima ancora di attraversare la mente degli statisti s’infiltrò nel cervello dei risparmiatori e in quello dei tecnici grossi e piccini. Dove non arrivò la stampa, troppo contegnosa per farla con disinvoltura, fecero i discorsi, gli esempi, la pratica del tecnico sparagnino: il pistacchio -questa gemma che contesta al mare, al cielo lo smeraldo,- ed è perciò che Iddio le diè vita in Trinacria- non trovò più la sua difesa nei palati d’elezione. I pinoli e le mandore inverditi dagli spinaci, ne han preso ignobilmente il posto, quando non si ricorra alle moderne sofisticazioni: l’essenze… autarchiche di pistacchio. La sola Palermo, per dirne una, che richiedeva 80.000 (dico ottantamila) quintali annui della preziosa mandorla ha ridotto man mano le sue richieste ad una cifra insignificante.
Ma il regime sorveglia, incoraggia, sospinge. Questa derrata cortese e costosa ha attirato su di sè le provvidenze di uomini che, aiutati dalle gerarchia, risolleveranno agli onori delle mense la mandorlina colorata, cara ai degustatori del bel prodotto dell’Isola del Sole.
Ritorni il cuoco il fine diplomatico… di se stesso. Essere autarchici, nel caso in questione, significa dar fondo fino all’ultimo al nostro eccitante prodotto; vuol dire anche incremento, prepararne alla rinascita. Aiutiamo il neo Comitato del pistacchio! Che l’esposizione Universale* del 1942 segni un primato di più: per il buon nome della grand’arte di Tortoni e di quanti Scalchi onorarono le stampe ed il lavoro la Confetteria e la Cucina Italiana.
*l’Esposizione Universale del ’42 non si svolse a causa della guerra in corso

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COME SI FA

Io ho fatto la metà di tutto, per non rischiare di mangiare la focaccia dell’atleta per 2 settimane:

125 gr zucchero, 8 tuorli, 8 chiare montate a neve, 125 gr di farina d’orzo, 8/10 gr di cumino (anche meno..)

Pestate i pistacchi con la chiara di un uovo. Unite i rossi con lo zucchero e sbattete energicamente, aggiungete poi la manteca di pistacchi e poi i bianchi montati. Aggiungete poi con garbo la farina d’orzo e il cumino.

Siate delicate. 

Imburrate e infarinate uno stampo, versateci dentro il composto e infornate a 150 gradi per un’oretta circa. 

Modello Pan di Spagna. 

 

E come dice il nostro Amedeo: “Provatevi a fare qualcuno di questi dolci; e se li troverete di vostro gusto… siatene ferventi propagandisti”

Io lo sono, Amedeo, lo sono.

 

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