1938 GNOCCHI QUARESIMALI

Pettini I love iù… Lo adoro anche dopo aver assaggiato sti gnocchetti. Non vi sto di nuovo a spiegare cosa ha fatto l’Amedeo, l’ho scritto e riscritto in molti post qui su Massaie. Se brancolate nel buio, sappiate solo che è stato il capocuoco del re Vittorio Emanuele III.

Lo ammiro perché c’è sempre qualcosa di particolare nelle sue ricette,  un ingrediente che non t’aspetti, un gusto che non avresti mai pensato, un insegnamento ragionato.

Lui era ovunque, su qualunque giornale, con qualsiasi editore. Persino in radio, Pettini c’era. Avrebbe fatto la felicità di molti uffici stampa di settore che conosco.

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Sul numero di marzo 1938 de La cucina italiana, nel servizio “Vivande quaresimali”, ci offre una bella lezioncina sugli avanzi di cucina, ricordandoci l’importanza degli stessi nella reiterazione quotidiana dell’arte culinaria nelle cucine dei grandi alberghi o del bel mondo aristocratico, importanza da tenere ben a mente anche per la cucina domestica. Come sempre, consigli utili anche oggidì (#alnettodelpensierofascista). Anche se – perdonami Amedeo – dubito fortemente che ci siano massaie contemporanee che gettano gli avanzi, tanto quanto dubito che ci siano grandi chef stellati che li riutilizzano (la ristorazione alberghiera farà  invece di necessità virtù, come comanda Pettini).

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Pane e autarchia erano ingredienti e concetti fondamentali da propagandare, in perfetto allineamento con la volontà del regime. Come usare al meglio anche le briciole per non sprecare nulla, preciso dovere di ogni patriottica massaia fassista.

Ho trascritto la parte introduttiva del servizio, per poterla leggerla agevolmente.

Date un occhio anche alle ricette, in particolar modo alla  Zuppa “Gamba di legno“, un’antica ricetta francese (la Potage à la jambe de bois tipica di Lyone) fatta di carne – la “gamba di legno” è lo stinco di manzo/maiale sistemato all’impiedi nel centro del piatto e contornato di verdurine e crostini –  che potete scoprire qui nella versione di Alain Ducasse.

” Per quanto mi sia sbracciato a far conoscere l’essenza della grande cucina, non è fuori di luogo ricondurvi ancora sopra il vieto ( vecchio, abusato) discorso. Può anche spiacermi di sollevare un lembo non attraente di tant’arte: ma dirò anch’io, almeno una volta: il fine giustifica i mezzi. La cucina cosmopolita è la suprema consumatrice degli avanzi. Non v’è ammorsellato, non purèa o passato carneo o di vegetali, molti ripieni od altro che non si possano annotare nella folta serie delle preparazione allestite con gli avanzi. E’ questo in fondo il pregio dell’arte, di tutte le arti. Soltanto nella cucina casalinga, ignara delle infinite risorse del maestro ai fornelli, gli avanzi di cucina assumono un significato di materia sprezzante. Errore! I migliori bocconcini – al sicuro riparo dell’igiene – non rappresenterebbero che un sapiente e ben giustificato recupero di elementi ignorati dai profani.
In autarchia nessun risparmio è vergognoso, alle condizioni ora dette.
Al pane, a questo alimento base della nostra nutrizione, dobbiamo – noi delle cucine, specializzati nei più complicati manicaretti – dare l’esempio della nostra particolare considerazione. Troppi tozzi di pane vanno perduti non pensando nemmeno a farne godere gli animalucci più belli della creazione: gli uccellini. Io vi dirò di alcuni modi per utilizzare gli avanzi del pane e le bricciole stesse; il maggiore avanzo di tutti i tempi alle mense…”

gnocchi quaresimali

 

L’aspetto più curioso di questi gnocchi, titolo e autore a parte, è la presenza delle acciughe e l’assenza delle patate nell’impasto. Sono una tradizionalista/purista in fatto di gnocchi (limitata, se volete), mi piace assai la versione originale, come li fa mia madre da sempre e come li preparo io da quando ho la capacità di impastare.

Eccomi dunque, una domenica pomeriggio, ad inglobare – piuttosto a fatica- la farina e il pangrattato con le acciughe sminuzzate, il vino e le uova. Oramai abituata alle ricette concepite per lunghe tavolate di famelici invitati (l’Amedeo non amava i tête-à-tête?), ho ridotto della metà le dosi degli ingredienti. Col senno di poi, va bene anche la metà della metà.

Ho usato 2 uova intere e mezzo bicchiere di vino bianco perché, stando alle dosi della ricetta, l’impasto risultava troppo asciutto e poco malleabile.

Ingredienti:

250 gr farina

150 gr. pangrattato

75 gr. grana grattugiato

3 acciughe (fresche o sott’olio)

noce moscata

2 uova

mezzo bicchiere di vino bianco

sale

burro

La ricetta è di facile realizzazione, basta unire tutti gli ingredienti (sminuzzate le acciughe) e impastare fino a formare una pasta piuttosto elastica e omogenea. Lasciatela riposare per circa un’ora in luogo tiepido e poi trattatela come una normale pasta per gnocchi.

gnocchi quaresi

Portate a bollore abbondante acqua salata e tuffatevi gli gnocchi. Lasciateli qualche minuto in più rispetto a quelli di patate e quindi scolateli. Dopodiché potete:

  1. farli saltare in una padella con del burro fuso, unire salvia o basilico o, come ho fatto io, foglioline e fiorellini di santoreggia e una grattatina di grana. √
  2. Condirli con sugo di pomodoro
  3. Aggiungerli a del buon brodo vegetale o di carne.

Col burro fuso risulta tutto più buono, anche i nostri gnocchetti. Va da sé.

Cercate di consumarli quando sono caldi fumanti, in caso contrario risulteranno piuttosto gnucchi e vagamente cartonati. Si avverte la presenza dell’acciuga, avvalorata dal soave profumo della noce moscata, che ben si sposa al burro nocciola e al grana (si, vabbè, cos’è al mondo che non si sposa bene con burro fuso e grana?!)

Un piatto originale e tutto sommato buono, sopratutto se vi adopererete per raccontare ai vostri ospiti chi l’ha concepito: l’autarchico Amedeo, capocuoco del Re e chef-star ante litteram.

Procuratevi del buon vino bianco per facilitare la deglutizione.

gnocchi qua

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La foto sotto è del luglio ’34 da La Cucina Italiana,  il cav. uff. Pettini aveva 69 anni ed era già in pensione. Qui lo vediamo in occasione della festa per la conclusione del concorso de Lci “per un piatto da portarsi al mare o in montagna”, tenutasi a villa Russo-Scaletta a Roma. Le gentili donzelle sono, da sinistra a destra, la Sig.ra Buratti, la contessina Pia De Vecchi di Val Cismon, la contessa Morozzo della Rocca, la contessa Spalletti- Ruffo Scaletta. E poi l’Amedeo col vassoio in man.

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Il numero di marzo 1938

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