1938 VIVANDA ITALIANISSIMA

Esiste una vivanda più italiana della pasta al pomodoro? Forse un’italianissimo pomodoro ripieno di pasta – a mò di scrigno -, si sarà detto l’Amedeo (si, ancora lui, Pettini, il capocuoco del Re. Che ci posso fare io se le ricette più curiose sono sempre sue?!), un dorato contenitore di nostrane genuine bontà.

Simbolicamente, cromaticamente e tipicamente patriottico, mie care massaie.

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Nel prologo della rubrica Cronache dalla cucina che contiene la ricetta in questione, Pettini scrive:

(… )“Saper mangiare” prima d’ora poteva intendersi soltanto quale un procedimento di mensa, ossia il vitto del gran signore ed anche del gaudente. Tale riferimento è nettamente sorpassato ed in antitesi col pensiero dell’italiano di Mussolini. Noi dobbiamo riguardare questo ramo della vita con freddo calcolo e senza pregiudizi. Africa, Spagna, Germania ed altrove: là dove sono i nostri fratelli quivi è il nostro spirito. La nostra cucina rappresenterà ancora il focolare domestico. (…) “Saper mangiare” significa prepararsi uno spirito che ci consenta di vivere nel modo che dettano le circostanze, e basta. Abbandonare i vecchi procedimenti e le malinconie del folclorismo culinare non vuol dire venir meno all’amore del focolare natìo. In tempi di grandi industrie e di più grandi eventi fare del regionalismo per la conserva di pomidoro e per il pecorino montanaro non franca la spesa. 

In breve: In vista di tempi ancora più duri (lo saranno, eccome!), meglio che semplifichiate i vostri bisogni, seguendo le regole autarchiche che il regime suggerisce/impone. Al fronte o fra le mura domestiche, l’Italia ha bisogno del vostro sacrifizio.. E senza lagnarvi troppo.

Più pasta al pomodoro (sia esso maturato in patria o nelle sue colonie) per tutti, per essere più italiani ancora, fin dentro l’intestino tenue!

(nella foto l’articolo completo)

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Il fatto che il Manifesto della razza (firmato da scienziati fascisti, ma secondo molti scritto dallo stesso Mussolini) sia stato pubblicato sul Giornale d’Italia nel luglio del ’38 e questa ricetta (con quella copertina non esattamente super partes) su La cucina italiana ad agosto… ecco, questo mi fa pensare alla reale intenzione, al messaggio non troppo recondito di questo piatto. Gastro-propaganda-fascista, potremmo ridefinirla.

… Pettini mi sorprende sempre, nel bene o nel male.

Se volete scendere agli inferi, date un’occhiata qui.

 

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Buona è buona, la vivanda italianissima, questo è certo. Ho scelto questo tipo di pomodori (piccoli cuor di bue, ho scordato il loro nome appena tornata dal mercato) per l’aspetto curioso e fotogenico, a dispetto di un’acidità un po’ troppo sostenuta che ha intaccato/alterato/infastidito il gusto finale.

Ma forse doveva andare così, prendetela come un’interpretazione personale, un giudizio a posteriori, una condanna in forma di sapore al significato intrinseco di questo piatto.

Voi potete optare per una qualità più consona, un classico ramato, se lo ritenete opportuno.

Per quanto riguarda il crostino che accompagna il pomodoro ripieno, vi consiglio vivamente di friggerlo nel burro, come da pettiniana ricetta. E’ la morte sua.

Se intendete preparare questa pietanza, vi consiglio anche di seguire paro paro la ricetta originale che trovate trascritta qui sotto, di tenere a bollore la pasta giusto qualche manciata di secondi, per poi continuarne la cottura in forno, una volta riempiti i pomodori.

Ho usato i ditalini.

Messaggio subliminale.

Capisci ammé.

 

Perfetta per l’aperitivo o come antipasto, da servire calda o tiepida e  da accompagnare forzatamente con il racconto della sua origine, Pettini compreso.

 

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LA RICETTA ORIGINALE

 

Prendete 8 pomodori abbastanza grossi, ma non eccessivamente maturi, lavateli, tagliatene una fettina nella parte più tenera, quindi toglietene interamente la semenza col sugo passandolo per staccino. Soffriggete un trito fine d’odori di cucina con spicchio d’aglio, da ritirarsi, pezzetto di burro e cucchiaio d’olio per ogni pomodoro, versatevi ½ bicchiere di vino bianco, poi 2 tazze di brodo o d’acqua di erbe, sale, pepe, cucchiaio di salsa di pomodoro ed infine un cucchiaio di pasta bucata o riso facendo bollire alcuni istanti, aggiungendovi trito di prezzemolo e basilico fresco. Riempitene i pomodori e collocateli in un tegame con il resto del liquido grasso ed ancora acqua, se occorre; salate ed avanzate al coperto su piccolo calore di fornello o nel forno, vigilandone la cottura di quando in quando. Da un filoncino di pane tagliatene delle fettine per farne crostini, che friggerete. Disponeteli sul vassoio, accompagnate su ciascuno un pomodoro ripieno e servite irrorando col sugo rimasto nel tegame in cui avrete fatto sciogliere la polpa passata di un paio d’acciughe.

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