1960 La bomba nera di Ornella Vanoni

Puntuale come la prima rata delle tasse, ecco a voi l’articolo di giugno della rubrica Ieri e oggi de La cucina italiana, curata da me medesima (ancor di più da Laura, Riccardo, Beatrice e Joelle della redazione) con sommo gaudio e trepidante ardor. Super buona e iper godereccia. Provate a farla (o a gustarla) ascoltando l’Ornella che canta una delle canzoni della mala più famose:

Ma mì.

 

L’articolo originale del 1960

 

bomba nera 1960

 

Dal numero di giugno 2015

 

Copia di bomba nera

 

Giovane, innamorata e sulla via del successo, Ornella Vanoni aveva 26 anni e stava per convolare a nozze con Lucio Ardenzi, in quel 1960. Subito dopo la storia d’amore – e professionale- con Giorgio Strehler e appena prima dell’incontro con Gino Paoli.

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Nel ’59, si fece conoscere grazie a Ma mi e Hanno ammazzato il Mario, le cosiddette “canzoni della mala”, un genere a metà strada fra folk e canzone teatrale che narrava le (finte) storie della malavita milanese, inventato e creato su misura per lei da Strehler e, fra gli altri, Dario Fo. Un mix di fascino, mistero, voce incantevole e storie losche, che conquistò pubblico e critica.“Poiché sono la cantante della malavita ne darò una in carattere: la bomba nera” fu la sua risposta coerente alla richiesta di una vivanda per la rubrica La ricetta di, che tutti i mesi ospitava un personaggio famoso per svelarne il rapporto con il cibo e i fornelli.

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Un dolce intenso ed appagante, che ben la rappresenta. Ornella, “maquillage lunare, niente rossetto, abito elegantissimo, voce bassa”, raccontò della sua poca pratica ai fornelli, di non seguire nessuna dieta e di preferire la cucina piemontese, ricca di tartufi e selvaggina (ingredienti molto usati in quel periodo).

Per capire come sono cambiati i suoi gusti in questi anni, l’abbiamo chiamata.

Ci ha confessato che non ha più rapporti con i fornelli perché non si diverte più a cucinare; sì, gradisce il tartufo, ma non sopporta la selvaggina e, infine, che il piatto che più ama è quello che meglio rappresenta la sua città, Milano: il risotto allo zafferano, con particolare amore e trasporto per la versione più godereccia, detta “al salto”, fatto con l’avanzo del giorno prima.

 

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Samanta