1934 PIATTO DI GUERRA

“Questa maniera di preparare i piselli è di gran voga nell’armata tedesca. Durante la guerra del 1870-71, le salsiccie con la farina di piselli resero un segnalato servizio alla truppa allorquando le vettovaglie fresche vennero a mancare (nello stesso modo che le gallette di riso compresso con farina di pesce de sohya, furono utilissime per l’esercito nipponico nella guerra russo-giapponese). L’intendenza militare trovò in quei salsicciotti (erbswurfst) una grande risorsa, poichè anche durante un lungo combattimento il sodato prussiano aveva nel suo tascapane delle salsiccie che poteva mangiare fredde e contenevano tutti gli elementi per un sano e nutriente alimento, capace di riparare le forze.”

Fermiamoci un attimo qui, la ricetta ve la scrivo dopo.

Creo un po’ di suspense, ma giuro che non la tiro troppo lunga. Quello che avete appena letto è l’introduzione alla ricetta di oggi: il PIATTO DI GUERRA da La Cucina Italiana del febbraio 1934.

Non è quindi una ricetta del 1934, ma la riproposizione della preparazione di una tipica razione individuale giornaliera di sopravvivenza (famosa l’americana Razione K  della seconda guerra mondiale) di un soldato crucco durante il conflitto franco-prussiano  del 1870 (vinsero i prussiani), ma evidentemente in voga anche in quel 1934 fra le truppe tedesche. Un rancio semplice da preparare in grandi quantità, leggero da trasportare, corroborante non appena viene a contatto con della semplicissima acqua calda.

Pensandoci un po’ su… Tra il ’33 e il ’34 Hitler completò la sua ascesa al potere, fino ad autoproclamarsi Führer del Reich tedesco, a giugno del ’34 vi fu anche il primo incontro con il tronfio Mussolini a Venezia...

Non so a voi, a me sembra una ricetta-tributo al Fuher e al suo popolo, un omaggio alla loro storia e alle loro vittorie in vista di una promettente e vantaggiosa amicizia fra potenze dittatoriali. No!? Propaganda nazifascista infilata nella rubrica delle ricette con le verdure… Roba da professionisti.

Bisogna avere una fame disperata e dei canini sani e forti per voler prendere a morsi quel verdognolo salsicciotto, duro come la pietra e assai poco invitante, ma devo ammettere che dopo averli fatti rinvenire nell’acqua calda, tolti dal budello e allungati con dell’altra acqua bollente e una bella girata di pepe, il risultato non è stato poi così orribile. Con dei crostini croccanti ne esce un pasto super completo, una minestra godibile, saziante e pronta in poco tempo.

Si, mi ha esaltato prepararli, c’ho pensato a lungo. Trovare il budello è stata un’impresa (l’ho comprato per due soldi in un’azienda agricola a impatto 0 del Parco Agricolo Sud di Milano) e riempirlo col saccapoche ha offerto dei momenti di vera giocoleria e comicità, senza contare che la farina di piselli non sono riuscita a trovarla e così ho optato per mezzo kilo di piselli secchi… passati nel mixer per mezz’ora.

Risultato: 20 gr. di farina, 480 gr di piselli secchi integri e il mixer surriscaldato. Alla fine ho semplicemente fatto cuocere i piselli con abbondante acqua, frullato bene bene e ridotto in polentina.

Ho atteso a lungo (10 giorni) che i salsicciotti si asciugassero nello sgabuzzino; ho tentennato nel gettarli nell’acqua bollente, vedi mai che rovino tutto sto lavoro…

Il risultato finale mi piace, sono soddisfatta e appagata. Se vi viene voglia di provare a farli, vi avverto! Meglio dimezzare le dosi o dovrete mangiare i salamini verdi per anni. Io non amo l’affumicato spinto e devo dire che la pancetta che ho scelto era eccessivamente affumicata, rischiando di sovrastare tutti gli altri sapori. Se dovessi mai decidere di rifarli (ma dubito fortemente), sceglierei di usare metà pancetta affumicata e metà dolce. Sappiatelo.

Vi trascrivo il resto della ricetta originale, scritta per LCI da Cesare Adani, capo-cuoco dell’albergo Saturnia di Roma, zio di Ada Boni, direttore del Messaggero della cucina, personaggio assai noto a quel tempo:

“Ponete sul fuoco una casseruola piena per un terzo d’acqua bollente, versateci al farina di piselli e rimestate vivamente. Cuocete per venti minuti sul fuoco moderato avendo cura di rimestare con la spatola fino al fondo del recipiente per impedire che la poltiglia s’attacchi e prenda di bruciaticcio. Mescolate fino ad ottenere una polenta abbastanza densa. Tagliate a dadolini 250 gr.di lardo magro di ventresca affumicata, per ogni mezzo kg di farina di piselli, e fatelo rosolare in padella quindi riunitelo alla polentina e continuate a lavorarla; gustate di sale; lasciate intiepidire, riempite col suddetto apparecchio dei budelli soliti per salsiccia ben nettati come di regola. Foggiate dei salsicciotti ordinari piuttosto piccoli, legateli a rocchi e fateli seccare esponendoli ad una corrente d’aria asciutta. Qualora voleste servirli caldi, pungeteli con un ago fino e scaldateli nell’acqua con poco sale. Se voi stemperate le salsiccie nell’acqua bollente, otterrete sull’istante una minestra di piselli col lardo.”

Nella lenzuolata di foto qui sotto potete notare, oltre alle fasi della preparazione del piatto, la copertina del numero di febbraio de LCI, con il titolo Le future mammine d’Italia e “Come l’Opera Nazionale Balilla provvede all’educazione delle giovani italiane, con l’istruzione domenicale dei corsi di economia domestica e di puericultura, nella fotografia vediamo le allieve massaie nello loro principali mansioni in cucina, in guardaroba e presso il reparto dei bambini e qui potete vedere anche delle immagini de La scuola delle piccole massaie di Milano, 1934. Mamma mia che tristezza infinita, mi viene il magone ogni volta che lo rivedo.

 

 


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