1942 LA TORTA DI NATALE

                                                                                                                                                                                         Photo @Dariorota.it                                                                                                                            

Da dove comincio…

Dalla soddisfazione per aver preparato questo dolce così pieno d’uvette e di significato, dal fatto che ho scoperto di saper fare anche lo strutto d’oca (non si finisce mai di imparare…) e mi sono sentita una vera massaia moderna per averlo fatto o dal pensiero che son passati esattamente 70 anni da quel natale ’42 e la situazione politica, economica e sociale è di certo meno terribile, disordinata e violenta, ma ancora carica di tensioni, ingiustizie e anomalie di vario genere?

Parto dalla fine: è buona. Molto. Mangiata con gusto (accompagnata da un bicchierino di passito, l’orario – le 13 – lo permetteva) e quel sorrisino beota che mi sgorga spontaneo quando assaggio i piatti d’altri tempi de La Cucina Italiana. Come se facessi un tuffo nel passato, come se ogni morso mi permettesse di immergermi per un attimo in quei tempi (per fortuna) lontani, nei discorsi attorno al focolare di un’impaurita famiglia italiana, il giorno di Natale di un anno di guerra.

Ma può anche essere che a forza di pensarci e immaginarli questi cibi d’antan, ci sia rimasta un po’ sotto…

Sappiate che non sfigura fra i manicaretti che preparate per il pranzo di Natale, non fa sentire la mancanza nè di panettoni nè di pandori (almeno di quelli industriali/cartonati…). Ancor meglio (metti che ne avanza una fettina) se pucciata nel caffelattè la mattina di Santo Stefano. Una ricetta così old style da sembrare nuova di pacca. Simile nell’impasto a molte altre torte o pandolci o panspeziali o pangialli d’italica tradizione.

Io le ho dato una forma squadrata e alta per ricordare il panetùn, ma la sostanza è decisamente più rustica e speziata. Rude, almeno all’apparenza e al netto delle glasse.

Volendo, potete scegliere di prepararla in un normale stampo da torte e in questo caso basterà un’oretta in forno. Non v’è traccia di zucchero semolato o fine nell’impasto. La sferzata (calorica e zuccherina) arriva dall’enorme quantità di uva, uvetta passita (sfortunatamente non sono riuscita a procurarmi l’uva zibibbo), frutta candita e dalle due coperture: pasta di mandorle (fatta con mandorle macinate, farina di riso, zucchero e tuorlo d’uovo) e la ghiacciata (o ghiaccia reale) di zucchero a velo, albumi e due gocce di limone (la ricetta non lo prevedeva, ma il limone rende la ghiaccia più lucida e buona, meno piatta al palato). E ancora cannella, vaniglia, noce moscata, chiodi di garofano. E il latte. Come potete leggere dalla ricetta nella foto qui sotto, si può usare la farina che c’è in casa. Io ne avevo di bianca 00, di castagne e di ceci. Le ho messe tutte e tre (60% 00, 20% ceci, 20% castagne). Per quanto riguarda la parte grassa, ho scelto di non scegliere del banale burro, ma di complicarmi piacevolmente la vita preparando lo strutto d’oca. Ho trovato un’allevamento vicino a casa che mi ha venduto (per due soldi) una discreta quantità di grasso. Dopo sole 5 o 6 ore lo strutto d’oca era pronto. Una vera soddisfazione. Ottimo, a detta di esperte amiche massaie di FB, anche per friggere in leggerezza o per le patate sautè.

A tirar su tutto sto bendidddio … un cucchiaino di bicarbonato. Gnucca ma buona. Anzi, se aspettate qualche giorno, a detta della massaia che scrisse questa ricetta, è ancora meglio. La mia non è durata così tanto.

Il numero di LCI che contiene questa ricetta è datato 15 dicembre 1942. Che non fossero tempi facili lo sappiamo (Milano, ad esempio, aveva subìto un terribile bombardamento a fine ottobre). Nel 1942 la guerra era nel pieno del suo tragico fulgore, qui tutte le date e i fatti importanti. Ed è curioso trovare in questo numero un articolo dedicato al preoccupante problema dell’obesità in tempo di guerra (l’articolo lo trovate qui sotto, fra le foto), non vi pare?! Un paradosso! Di certo, l’acquisto de La Cucina Italiana era un lusso che ben pochi potevano permettersi a quel tempo: 1 lira a copia, 10 lire l’abbonamento annuo. E’ logico pensare che la rivista fosse presente solo nelle case della ricca borghesia o alta società, dove magari nel ’42 c’era ancora qualche barlume di agiatezza. Ed è noto che il regime avesse molto a cuore la forma fisica dell’italica femmina che doveva essere elastica e tonica, forte di fianchi e di carattere.

Vi ricordo due fatti importanti per l’Italia e il mondo, accaduti in quel dicembre: il 2 Enrico Fermi realizzò a Chicago la prima reazione nucleare a catena controllata della storia; l’11 dicembre prese il via l’Operazione Piccolo Saturno, due armate sovietiche attaccarono la VII Armata Italiana e iniziò la tragica ritirata nella neve dove persero la vita migliaia di soldati italiani.

COME SI FA

Per la torta:

225 gr di farina (potete scegliere di usare solo la farina bianca o mischiarne un paio. Il senso dev’essere: uso quello che ho a disposizione450 grammi di uva e uvetta. La ricetta riporta “225 gr di zibibbo” e 225 di uva sultanina e uva. io ho usato dell’uva fresca che avevo in casa, uva sultanina e uva peruviana, grossa e dolcissima, che avevo a disposizione. 

110 gr di canditi misti

50 grammi di burro o grasso o olio.

2 cucchiai di odori misti:cannella, vaniglia (NON vanillina, per carità!), anzi, vainiglia, chiodi di garofano, noce moscata.

Latte qb, 1 cucchiaino di bicarbonato. (bicarbonato da sciogliere nel latte)

Pasta di mandorle

60 grammi di mandorle tritate, 40 gr di farina di riso (ho distrutto il minipimer nel tentativo di macinare fino il riso…), 100 grammi di zucchero e 1 tuorlo d’uovo.

Ghiacciata o glassa reale: 250 grammi di zucchero a velo e  un albume. 

Una volta scelte le farine, mischiatele con tutti gli altri ingredienti per la torta. La dose per il latte ve la dovete cercare da sole… fate in modo di diluire fin quando capirete che è sufficientemente pastosa e non troppo dura.

Mettete l’impasto nella tortiera e via in forno, per un’ora o più a 160 gradi.

Piano piano.

Nel frattempo preparate la pasta di mandorle: macinate fine fine le mandorle, aggiungetevi la farina di riso, lo zucchero e il tuorlo. Lavorate energicamente fino ad ottenere un impasto omogeneo. Lasciatela riposare in frigo fino a che la torta sarà sfornata e raffreddata.

La glassa: sbattete l’albume, a metà percorso cominciate ad aggiungere lo zucchero a velo, incorporate piano tutti  i 250 grammi. Alla fine, aggiungete qualche goccia di limone che renderà la glassa più lucida e bona.

Ora, quando la torta sarà fredda, ammantatela con la pasta di mandole e lo strato di glassa.

Io ho aggiunto dei mirtilli essiccati (non eccessivamente dolci) per dare un tocco di colore natalizio a questa candida torta di Natale.

URGONO DEI RINGRAZIAMENTI:

a Dario Rota, amico-fotografo-climber, per le foto. 

a Barbara Messe, massaia free style, per averci aperto le porte di casa sua e per le sue splendide Ecogioie che poi non ci son state nelle foto…

ad Ambra Romani, massaia cheffa della Prova del cuoco e amica, per i consigli telefonici quando sono in preda all’indecisione

ad Annalisa Barbagli, massaiissima, amica virtuale ed esperta di tradizioni gastronomiche, per i consigli via web quando sono in preda all’indecisione…

Buone Feste, massaie! Passatele in allegria e armonia, che del doman non v’è certezza!!

 

Impasto:farine, uva e uvetta, strutto d'oca o burro, 1 uovo, cannella, noce moscata, vaniglia, chiodi di garofano

 

 

 

 

Ricetta e copertina de La cucina italiana, dicembre 1942


6 Comments

  • speedy70 ha detto:

    splendide le foto, quanto è invtante, e poi io sono golosissima!!!!! Un caro saluto Samanta!

  • stefano ha detto:

    Gran bel “Tocco di Dolce” . Complimenti!!!
    Un dolce di questa struttura e di questa importanza merita un abbinamento altrettanto ricco, strutturato e importante.
    L’abbianmento va ricercato tra qui vini di nicchia che provengono da luoghi vocati, dove vigne e uve sono trattate da mani sapienti con tecniche antiche e ritmi per noi inusuali.
    L’abbinamento che vi propongo è con il “RECIOTO” della Biancara di Angiolino Maule annata 2004.
    Nel bicchiere ha un colore ambra scuro, è torbido, e la sua concentrazione è palese nella densità mentre si fa roteare nel calice. Al naso rivela note evolutive, con sfondo di ciliegie e scatola di sigari. Il gusto è intenso, caratterizzato dalla dolcezza e dalla concentrazione. Provare per credere!!!

  • speedy70 ha detto:

    questo dolce è davvero strepitoso!!!! Un abbraccio Samanta, con l’augurio di un magnifico nuovo anno!!!

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