1941 FORMAGGIO DI PATATE

Il Formaggio di patate è una schifezza!

Lo dico subito così mi tolgo il peso e voi il dubbio. Bello da fotografare con tutta quella simpatica muffetta, lo ammetto, ma è stata la peggiore esperienza gustativa della mia carriera di massaia moderna. Non credo di aver sbagliato, ho rigorosamente seguito quanto scritto, nelle dosi e nei tempi. In sostanza, altro non è che un purè lasciato ammuffire (in garage…). Niente di più, niente di meno. L’unico sapore che si riesce a percepire è quello di muffa, con una venatura importante di latte rancido.

Capita anche nelle migliori famiglie di sbagliare qualcosa e, al di là del risultato, trovo meraviglioso il tentativo di offrire un’alternativa economica alla mancanza di cibo e risorse e/o all’univocità del gusto di quei tempi bui, quando la fame e la disperazione erano di casa anche nelle famiglie più agiate.

lci 12_1941 copertina

 

 

Questa versione del Formaggio di patate del dicembre ’41 non è la prima del suo genere. Ci sono stati svariati tentativi proposti dalle stesse lettrici, tutti miseramente falliti. In questo caso ci prova la redattrice con altre dosi e altri consigli, purtroppo anche con lo stesso esito. Non a caso, da questo numero in poi non se ne sentirà mai più parlare.

Mi è venuta subito in mente mia madre (moglie di un panettiere, madre di tre figli, negoziante full time), che certe sere ci preparava per cena delle semplici e veloci patate lesse da mangiare col formaggio e accompagnate da “radicio de camp” (tarassaco) condito, quando andava di lusso, con del lardo fuso. Mangiare tipico della montagna veneta, dove le patate sono quelle buone di Cesiomaggiore o dell’Alpago e il formaggio ti arriva in dono dalla tradizione casearia e dalla natura delle Dolomiti Bellunesi. What else?! “Patate e formai” è un’accoppiata vincente, per adulti e bambini, e credo sia – o sia stata – presente sulle tavole di un po’ tutto il Belpaese montagnoso, correggetemi se sbaglio. Un connubio semplice, di poca spesa e molta resa. Da lì al Formaggio di patate il passo è tutto sommato breve. L’idea è simpatica, giocosa, un po’ come se preparassimo il tonno vitellato, no?!

Eccovi la “ricetta” trascritta:

Ne abbiamo parlato varie volte: ma talvolta la corrispondenza delle abbonate ci ha dimostrato che la ricetta non aveva dato un risultato soddisfacente. In questo momento può essere utile saper preparare in casa un formaggio sano e nutriente. Consigliamo di fare l’esperimento con un chilogrammo di patate e 200 grammi di latte scremato ma salato abbastanza: salato, vogliamo dire, per sé e per le patate. Lavoriamo bene l’impasto, e quando esso è omogeneo, senza grumi, lasciamolo in quiete per 3 o 4 giorni. Dopo di che si torna a lavorare (perché il latte avrà avuto la tendenza a scendere negli strati inferiori) senza spaventarci per l’odore di acido che avrà. Lavorato bene di nuovo l’impasto si mette in un cestino, e se non c’è, su un setaccio, a scolare. Poi si leva di lì, e si pone a disseccare all’ombra. Occorrono 17 o 18 giorni di stagionatura: poi il formaggio di patate è mangiabile. Naturalmente se starà di più a stagionare sarà più saporito… e se il latte sarà più abbondante sembrerà di più il formaggio autentico. In sostanza, sono si tratta che di rischiare un chilogrammo di patate e due decilitri di latte scremato. Proviamo?

Ed eccovi le varie fasi della preparazione:

 

FP_ingredienti

 

 

FP_purea e latte

FP_PUREAFP_PRE STAGFormaggio di patate

 

 

 

In linea con i tempi, La Cucina Italiana, negli anni del secondo conflitto mondiale elargiva consigli e ricette di guerra alle sue abbonate, spunti per mangiare con gusto senza grandi risorse, mantenendo viva la tradizione culinaria italiana e permettendo alle massaie di interagire, di comunicare, di scambiarsi pareri e informazioni.

Proprio in quegli anni – e fino alla chiusura del giornale nel luglio del ‘43 -, buona parte del giornale era composto da infinite letterine di domande o risposte o ricette delle abbonate, ognuna con un’idea per risparmiare, pulire, riutilizzare, creare, cucinare e anche, immancabile, con qualche problema di cuore o di bilancia. Se avevi un problema da massaia, lì potevi trovare la risposta. Indispensabile comunicare con persone simili per esorcizzare la paura. Immagino l’attesa, la speranza di veder pubblicata la propria lettera, la smania di leggere la risposta o la delusione di non trovarne traccia. Ah!, che sospiri, ah!, che emozioni!

“La posta di Nina” e “Collaborazione fra le abbonate” erano forse le rubriche più attese dalle massaie italiche in quel periodo, lettere firmate “massaia inesperta”, “dolce veneziana”, “cuore infranto” mi fanno sorridere per l’ingenuità e la semplicità dell’intento, avvezza a ben altri linguaggi e contenuti. Era un vero e proprio social network, mica un semplice giornale di ricette! Una compagnia attesa, rassicurante, affrancatrice.

 

ag39 corrispondenza abbonate

 

 

abbonate

 

 

La ricetta del Formaggio di patate è contenuta proprio nella rubrica “Corrispondenza fra le abbonate” che include anche questo scambio di pareri fra la redattrice F. (Frida?) e l’abbonata “Orsetta veneta”, su di un argomento davvero curioso, leggete:

ORSETTA VENETA trova amena la notizia, avuta da un’amica, di un rimedio “fuori classe” che sarebbe stato scoperto contro le malattie nervose; e mi domanda se sono al corrente di tale scoperta sensazionale. Le dirò a questo proposito quel poco che so. E comincio col prevenire le amiche dell’a. b. c. che non si tratta di una ennesima edizione di quelle specialità farmaceutiche dal nome bislacco, delle quali gli ammalati sperimentano, a caro prezzo, le proprietà terapeutiche, magnificate dalle didascalie che le accompagnano. Il nuovo portentoso rimedio consiste nel recitare al paziente, o nel fargli recitare, poesie a più o meno lungo metraggio; dato che la poesia, a quanto si assicura, agisce sui nervi con la triplice influenza del pensiero, del suono e del ritmo. “Orsetta veneta”, tra meravigliata e divertita, ride. Quasi quasi ridiamo un po’ tutti, noi profani, all’idea di un’anomalia del gran simpatico, (che, fra parentesi, è un gran antipatico) curata con le strofe del Pascoli, o di uno stato di depressione nervosa, con relativa avversione al cibo, normalizzato dalla lettura a ripetizione del canto del Conte Ugolino. Il rècipe super-nuovo viene somministrato dietro prescrizione del medico, a seconda del male dei pazienti. Vi sono poesie che tengono svegli ed altre (e di queste non ci è certo penuria) che fanno dormire. Alcune debbono essere recitate a digiuno, con la regola dei purganti, altre prima di desinare, altre prima di andare a letto. Ed anche questo straordinario recipe ha la sua brava posologia. Guai ad esagerare… nella dose! C’è il caso di esser presi da manìa poetica e di non riuscire più ad esprimersi che in versi: il che non sarebbe né pratico né dilettevole, come ognuno può considerare. Sorridiamo, dunque, cara “Orsetta veneta” alla sensazionale notizia, ma di un riso bonario privo di scetticismo. Meraviglie se ne vedono tante nella vita moderna, che, anche a questo riguardo, si può aspettare un miracolo, da cui tanto vantaggio verrebbe alla nostra borsa. Grazie al cielo nelle nostre case non c’è penuria di vecchie opere poetiche alle quali, purtroppo, non diamo da anni un’occhiata. E poi troveremo sempre qualche amico disposto a prestaci l’Orlando Furioso, le rime di Enotrio Romano, ecc. Sorridiamo e nell’attesa consigliano ai farmacisti… di toccar ferro.

F.

Ma questo “rimedio fuori classe” esiste davvero! Si chiama Biblioterapia, nata negli States attorno al 1930 ad opera dello psichiatra William C. Menninger (foto) come parte integrante delle terapie psicologiche o psichiatriche, grazie al potere curativo della lettura di specifici testi, adatti alle diverse patologie. Non solo poesie, quindi. Una teoria verificata e comprovata negli anni, in uso ancora oggi, con tanto di corsi e progetti anche in Italia, come quello al carcere di Opera di qualche anno fa che prevedeva letture di gruppo (con la partecipazione di attori famosi, comici e scrittori) e discussioni a seguire. Un bel modo per interagire e generare interesse. Il potere della parola scritta, pensata e letta. Cibo per la mente, libertà di immaginazione.

Bello, mi piace.

Ho quel filo d’ansia, mi auto-prescrivo: 2 capsule di Zanzotto a stomaco pieno (certa della loro azione benefica, testata per anni), 20 cc di Artusi due volte al dì (leggere di cibo mi rassicura) e una compressa di Salinger a digiuno o in alternativa, a mò di aspirina se la giornata risulta pesante, una compressa e mezza di Benni. Da preferire al Prozac, senza dubbio.

Grazie per il tuo scetticismo, Orsetta veneta. 

 

William C Menninger